venerdì 25 febbraio 2011

Drops of Rainbow

In una giornata soleggiata e particolarmente piena di vento, uscite di casa e arrivate al centro, sedetevi sotto i portici di piazza Esedra, guardate la fontana e aspettate.

giovedì 24 febbraio 2011

That's what Sisters are for

Lista di cose da fare dopo una giornata in cui il buongiorno lo dici in mezzo al traffico, per poi passare la mattinata a giocare con un bambino che dopo averlo conosciuto pensi che il Piccolo Lord sia stato un teppistello, e fare una corsa - l e t t e r a l m e n t e - al centro per girare in tondo l'intero pomeriggio e scoprire che nessun negozio ha quello che cercavi, che questo giro al centro è stato costellato da quasi-cadute ogni sampietrino miracolosamente evitate per un soffio, dicevo, dopo aver passato un pomeriggio a cercare di non cadere ti ritrovi a ridere sguaiatamente sulle disgrazie di una sorella a cui si è rovesciata la pizza sui pantaloni, e nel momento in cui apri il portoncino del palazzo ruzzoli per le scale finendo in braccio alla porta della vicina, cosicché la suddetta sorella, con le mani piene di cartoni di pizza e i pantaloni macchiati d'olio si sbellica dalle risate nel vederti distesa per terra vendicandosi della tua malvagità precedente, no, dicevo dopo questa giornatina, la lista di cose da fare: centrare il letto con un salto e addormentarsi di botto (cercando di non cadere).

domenica 20 febbraio 2011

The Little White Horse

Mentre aspetto di possedere una biblioteca sterminata, mi accontento di saccheggiare le librerie e leggere quanti più libri riesco. 
Intanto ringrazio Elizabeth Goudge del suo libro, che leggerlo è stato come trovare il tavolo di cucina apparecchiato con una bella tovaglia bianca, un piatto di dolci con la glassa rosa e una tazza di latte schiumoso.

venerdì 18 febbraio 2011

When I

Quando vado a Londra voglio comprarmi un paio di guanti, una candela da Matthew Williamson, entrare nella boutique di Stella McCartney in Bruton Street e pensare a quando potrò avere un wedding Book da Smithson  of Bond Street. Voglio provarmi un paio di Jimmy Choo e sentirmi Becky Bloomwood per cinque minuti, farmi un giro da Harris &CO. per guardare il mondo con le lenti del 1800, e provare un cappello da uomo di Bates. Voglio entrare nella libreria Daunt Books e immaginare di essere una studentessa del college, invece della noiosa università a cui sono abituata. Andare a vedere il negozio in cui la Regina si rifornisce di bottoni (sì, anche lei avrà pur bisogno di cose comuni, no?), entrare da David Mellor e comprare un insolito utensile per la cucina, indossare un cappello da Philip Treacy e mangiare un cioccolatino da Melt.
Mi accontento di poco.
Good girls go to Heaven. 
Bad girls go to London.

venerdì 11 febbraio 2011

Ode to the Shoe

Pelle scura, chiara, gialla, blu. Vernice rossa. Camoscio di quel punto di marrone così caldo che ti ricorda il miele. Tacco basso, alto, zeppa, a spillo. Suola di gomma, lacci, stretch. Che sia Estate o Autunno, è sempre un buon momento per comprarne un paio. Entri nel negozio, le ammiri dalla vetrina, con trepidazione chiedi il numero alla commessa, le provi, ci fai una giravolta, te le guardi ammirata allo specchio, e le compri. Riposte nella loro bella scatola, avvolte nella carta velina, e le porti a spasso dondolando la busta come facevi da bambina. Che poi, pure da piccola, l’impronta era questa, eh! Le provavi, ci camminavi, le guardavi estasiata, ma guai a rimetterle nella scatola: si usciva dal negozio con le scarpe nuove. Siamo sempre criticate per la quantità -industriale- di scarpe che possediamo : per gli “Altri” ne abbiamo sempre troppe, costano sempre troppo, occupano sempre troppo spazio. Non riusciremo mai a metterle tutte, comprale solo se ti servono, tra poco esci tu di casa ed entrano le scarpe. Che entrino, dico io, gli faccio spazio nel letto! Stare col piede in due scarpe, meglio consumare scarpe che lenzuola, Il mondo è fatto a scarpette, chi se le leva e chi se le mette. Stivali, ballerina, sandali, infradito. Che poi, le loro scatole, sembrano fatte proprio a forma di regalo. Quale scatola migliore produce il più bel pacchetto? Le scarpe sono il regalo perfetto, ecco. 

"Ma quali rose rosse, ma quali bouquet di mammole?!
Date retta a me: mazzi di scarpe.
Questo è il desiderio inconfessabile di ogni femmina!" 
L. Littizzetto

giovedì 10 febbraio 2011

I am Strong, I am Invincible, I am Woman

Lo spunto -se poi c'è bisogno di uno spunto per affrontare certi argomenti- l'ho preso da un articolo su Vanity Fair di questa settimana. La domanda da un milione di dollari è questa: non è forse giunto il momento, dopo 150 di Unità d'Italia (e dopo duemila minchiate, tipo la festa dell'Unità e altre scemenze simili), che una donna si candidi come Presidente del Consiglio? In particolare, l'articolo di Lerner suggerisce due alternative a tale candidatura, la Bindi e la Bonino. Quello che credo io è che il punto, in Italia, non sarebbe chi candidare/votare, ma come gli italiani reagirebbero a tale proposta.
La donna, purtroppo o per fortuna, non ha raggiunto manco lontanamente lo status a cui aspiravano le nostre suffragette. Anzi. Si insulta la loro impresa contaminando una festa (l'8 marzo) di sapori maschilisti, che celebrano la donna solo come delicato fiorellino, come oggetto del desiderio, come qualunque cosa tranne il motivo esatto: ricordare i motivi della protesta delle famose ragazze. Se nel 2011 siamo ancora alle prese con i cliché secondo cui le donne o sono considerate una minaccia troppo grande, o una debolezza a cui non c'è rimedio, come si fa a proporre la donna Presidente del Consiglio in Italia? Certo, le donne possono essere a capo di grandi imprese; sono libere di fare carriera nell'esercito; di studiare per diventare avvocati di successo. Però 'sta festa dell'8 marzo le riduce sempre e solo a quello che la società concepisce come "donna". Che ultimamente si rispecchia molto in ciò che la TV sponsorizza come tale (vedi tutte le categorie che finiscono per "ine").
Quando negli USA alle scorse elezioni si candidò la Clinton ci fu un'approvazione generale, tutti in subbuglio per questo episodio. O ancora prima, quando la Merkel ha raggiunto un grande traguardo, diventando Cancelliere della Germania. Tutti infiammati, cuori ardenti che approvavano queste dimostrazioni di coraggio, coraggio nel cambiare la Storia, nel formare la Storia. Ma poi, come si vede anche solo affacciandoci dalla finestra, la realtà qui da noi è quella che è. Pieno di idealisti, il Mondo è rimasto a corto di combattenti.
Proprio pochi giorni fa, ho dovuto ascoltare questa frase: "Non c'è niente da fa', si può anche dire che le donne abbiano fatto passi in avanti verso l'emancipazione, ma mettete un bimbo in braccio a una di loro, uscirà fuori la loro vera natura". Perché, non si può forse essere mamme e manager, figlie e maestre, zie e nipoti? Le etichette devono sempre intaccare tutto? Perché l'essere "Donna" deve avere in sé delle caratteristiche a discapito di altre? Ognuna non può essere Donna a modo suo?
Anche se personalmente non credo che il nostro Paese sia ancora pronto per avere una figura femminile alla guida, questo è l'augurio: spero che la prima Presidentessa del Consiglio sia quante più cose le riesca di essere: madre, cantante, atleta, patita di scarpe, film, libri, un maschiaccio, una viaggiatrice, cuoca e pittrice. Che sia Donna, a modo suo.

lunedì 7 febbraio 2011

Victory, victory at all costs!

Suona la sveglia. 
Già il fatto che la senti dopo 3 ore, quando in genere la spegni subito, dovrebbe dirti qualcosa. 
Poi se guardi fuori dalla finestra e vedi che è ancora buio, qualcosa dentro di te dovrebbe costringerti a tornare tra le tue comode e calde lenzuola di flanella. Ma tu, no, la responsabilità al primo posto. 
E allora barcolli assonnata verso il bagno, sperando di centrare la porta, e ti guardi allo specchio: capelli in tutte le direzioni, senza forma, sembrano un flubber animato di vita propria; naso attappato e tutto rosso, a forza di starnutire e consumare fazzoletti; il resto del viso in tema con flubber e naso-da-clown. Ancora sei decisa a restare in piedi? Bhè, te la sei voluta allora. 
Provi invano a sistemare il disastro con un trucco&parrucco dell'ultimo minuto, con scarsi -ma che dico scarsi?, penosi- risultati, e ti avvii, maledicendo le false icone che cinema e TV lanciano continuamente, a sostenere l'esame. Roba che, dato che ti presenti in queste condizioni, speri pure di fargli un tantino pena, e di levarti il dente senza troppo dolore. 
Però, in fin dei conti, se a fine giornata ti trovi ancora nelle stesse condizioni della mattina, e trovi qualcuno pronto a dirti "Sei bellissima oggi!" (e oltretutto hai passato l'esame), bhè, che dire? Hai vinto. Sulle attricette che si svegliano truccate, sulle modelle nelle pubblicità delle piastre, che con un solo oplà, si fanno una chioma che manco il parrucchiere di Julia Roberts. Sulla vocina che ti diceva di tornare a letto. 
Vittoria su tutta la linea ;)

domenica 6 febbraio 2011

Existential Issues

Considerazioni sulla natura romanzesca della vita. O meglio, quando la letteratura ti dà alla testa.

Si parla tanto di libertà dei personaggi, della loro autonomia, e della loro passione imprevedibile che coglie di sorpresa anche il loro creatore. L’autore capisce quando un personaggio ha bisogno di andare in pensione, togliendolo di mezzo per rimpiazzarlo con un nuovo eroe. Ma è la volontà del personaggio che prevale, o l’autore che finge di conoscere il “personaggese”? Eterno dilemma che affligge anche noi, personaggi in cerca d’autore, per dirla come Pirandello, che abbiamo bisogno di credere di essere liberi, ma anche di essere dominati da una forza misteriosa, tale Dio, Destino, Caos.
È che questo libero arbitrio ci fa paura. Ci mette davanti a scelte irrimandabili, responsabilizza le nostre azioni, ci rende autonomi dall’Autore che cerchiamo continuamente. Ma allora cosa è meglio? Il controllo o la totale libertà? Perché è così difficile pensare che i personaggi siano liberi?
È più facile credere di essere burattini, anziché negare l’esistenza del Romanziere?

"...Mentre osservavo la luce blu alla base delle fiamme dorate, mi venne in mente che, forse, ero il personaggio di un libro. Così come Albie si era domandato se la sua vita da sveglio fosse un sogno, e viceversa, d'un tratto pensai che la mia stessa esistenza potesse essere soltanto una riga di parole su una pagina, una serie di frasi che formavano un paragrafo, una successione di paragrafi che costituivano un capitolo: un'invenzione pura e semplice."
Eileen Favorite

giovedì 3 febbraio 2011

Becoming Naturalist

Sì, sì… tutte quelle cavolate trovate in rete, tutte quelle belle frasi esistenziali sulla vita, che sostanzialmente descrivono la gioia di possedere, leggere, scrivere, raccontare libri. Qualcosa  come “Books helps me escape from the reality I live in”, o che i mondi migliori li scopri tra pagine di carta, che puoi vivere le più mirabolanti avventure stando comodamente sul sofà di casa tua. Sì, sì, è tutto vero, per carità, chi sono io –lettrice accanita, nonché sostenitrice di queste affermazioni- per mettere in dubbio simili pensieri??
Però poi vallo a dire a uno studente universitario invischiato in un esame di letteratura, che si ritrova più di un migliaio di quelle tanto ammirate pagine di carta da leggere in 7 giorni. Allora pensi: ma era proprio necessario togliere la vita a tutti quei poveri alberelli per vivere così tanti tormen… ehm, avventure?

"I like Books better than people."

mercoledì 2 febbraio 2011

“Perché Nevica Nonna? Da dove viene la Neve?”

Ecco. Ora non sono più l’unica persona al mondo a non aver visto Edward Mani Di Forbice. Era un pezzo che volevo guardarlo, tutte le volte che lo trasmettevano in tv per un motivo o per l’altro me lo sono perso, o visto solo dei pezzi. Poi ho letto la biografia di Tim Burton e mi sono decisa a guardarlo, per capire cosa rendeva quel macabro burattino così affascinante e adorabile agli occhi di tutti quelli che l’hanno visto, e che ogni volta che si sentono dire “Non hai mai visto Edward?”, sospirano come se fosse la cosa più bella del mondo. È stato difficile restare seduta davanti al pc e guardare ogni fotogramma. Una sensazione tra pietà e compassione ti travolge dal momento in cui si trova davanti alla sua prima cena. Poi quella sensazione si trasforma in preoccupazione. Non ti toccare la faccia, stai attento che potresti trafiggerti. Questo è quello che mi passava per la testa mentre osservavo il magistrale Johnny Depp interpretare un ruolo con il solo sguardo. Quella sensazione di paura, preoccupazione e tenerezza è rimasta nella pancia per tutta la durata del film, fissa come se non potesse andar via mai più. Come se il fatto che ora avessi anch’io conosciuto Edward, dovesse rimanere dentro di me, non dico per sempre, ma almeno fino al prossimo film! È una Storia fantastica, e sono sicura che miliardi di persone abbiano usato parole più degne per descriverla, ma io mi ricorderò sempre della sensazione che ho avuto guardandolo per la prima volta, quel mostro nella pancia che si struggeva per l’eroe. È ovvio che lui sia un Eroe. Ci vuole coraggio ad abbandonare il proprio guscio e cercare di ambientarsi in un mondo che non ti vuole, nonostante le apparenze. E ci vuole ancora più coraggio ad abbandonare quel mondo proprio nel momento in cui ti senti più amato e capito che mai. Ci vuole coraggio a non cercare mai più la donna che ami, lasciarla andare così. Queste cose può farle solo un Eroe, e lui lo è. Meraviglioso film. Tim Burton mi ha stupito ancora una volta.

martedì 1 febbraio 2011

Blog Project


Perché?
Perché questo strumento è uno strumento potentissimo, al pari dei quotidiani ai tempi di Gutenberg.
Perché siamo in un’era in cui i NERD li chiamano GEEK.
Perché è una meravigliosa invenzione, con cui scrivere di TUTTO. Racconti, descrivi, inveisci, rifletti.
Perché non c’è posto migliore al mondo dove poter urlare quello che provo, quello che vedo e che non mi piace, quello che cambierei, quello che vorrei e quello che farei.
Perché amo scrivere.
Perché i Blog mi piacciono, un sacco.
Perché quello che scrivo non so mai dove metterlo, quindi ho deciso di metterlo qui.


La Stampa è la voce durevole dell'intelligenza, voce che mai può estinguersi e che sempre vibra attraverso il tempo e la distanza: cercare di farla schiava significa volere la mutilazione del pensiero, significa strappare la lingua alla ragione umana.
(Spagna, 1868)